Appunti del corso "Teoria e analisi del linguaggio cinematografico". La nascita del cinema attraverso gli autori principali della settima arte, attraverso le dinamiche di regia e il passaggio dal muto al sonoro, fino alle avanguardie europee degli anni '20 e il cinema della modernità d'autore degli anni '50. Senza tralasciare il decisivo periodo d'oro della Hollywood classica e il regime dello studio system. Si parla dei maestri e padri del cinema: Griffith, Meliès, Chaplin e Von Stroheim, fino a Hawks, Murnau, i neorealisti e i registi della Nouvelle vague.
La nascita del cinema
di Marco Vincenzo Valerio
Appunti del corso "Teoria e analisi del linguaggio cinematografico". La nascita
del cinema attraverso gli autori principali della settima arte, attraverso le
dinamiche di regia e il passaggio dal muto al sonoro, fino alle avanguardie
europee degli anni '20 e il cinema della modernità d'autore degli anni '50.
Senza tralasciare il decisivo periodo d'oro della Hollywood classica e il regime
dello studio system. Si parla dei maestri e padri del cinema: Griffith, Meliès,
Chaplin e Von Stroheim, fino a Hawks, Murnau, i neorealisti e i registi della
Nouvelle vague.
Università: Università degli Studi di Milano
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Teoria e analisi del linguaggio cinematografico
Docente: Elena Dagrada1. Schema delle età del cinema
Origini : 1895 – 1915 (1895 – 1900) - Inquadratura unica o veduta
(1900 – 1909) - Più vedute
(1909 – 1915) - Nascono i primi film narrativi
Classico : 1916 – 1945 . 1916 – 1928 Cinema muto/ 1928 – 1945 Cinema parlato
Moderno : 1945 – 1970
Postmoderno/contemporaneo : 1970 – presente
Marco Vincenzo Valerio Sezione Appunti
La nascita del cinema 2. Modo di rappresentazione primitivo e modo di rappresentazione
istituzionale
Noël Burch : Distinzione tra MRP (modo di rappresentazione primitivo) e MRI (modo di rappresentazione
istituzionale)
Tom Gunning : Distinzione tra attrazione (MRP) e narrazione (MRI)
Il cinema rappresentato attraverso il MRP ha come scopo principale quello di stupire e coinvolgere lo
spettatore in quella che è sostanzialmente un’attrazione e non ancora una forma d’arte. Fondamentale è
l’impressione di realtà: il solo movimento delle immagini provoca grandi sensazioni allo spettatore. Le
origini del movimento sono sconosciute a chi fruisce dello spettacolo cinematografico e quindi portano con
sé una forte capacità attrazionale. La tecnica di ripresa è legata ad un’unica veduta (view). L’attrazione è
molto legata all’indipendenza che una veduta presenta. Nel cinema delle origini ciascuna veduta è
autosufficiente. L’elemento basilare del MRP consiste in una concezione autonoma dell’inquadratura che
rappresenta il fulcro della rappresentazione e non il montaggio. Nel cinema primitivo, tendenzialmente, la
comunicazione fra inquadrature è minima o mancante. Il film è una giustapposizione di singole scene. Ogni
piano, prima di lasciare il passo al successivo, deve esaurire l’azione che si sviluppa all’interno del quadro.
Nelle inquadrature del cinema primitivo possiamo poi individuare caratteristiche ricorrenti come la fissità
della cinepresa, tendenzialmente in posizione frontale, un’ illuminazione uniforme e il mantenimento di una
discreta distanza fra la macchina da presa e gli attori. Non è ancora stato messo a punto un sistema di
raccordi tra le inquadrature che permetta loro di dialogare l’un l’altra, fluidificando la naturale discontinuità
dei cambi. Nel MRI è il racconto a diventare l’elemento fondamentale, grazie alla dialettica tra inquadrature
non che sono più elementi autonomi al solo scopo di mostrare ma tendono a integrarsi nella più vasta unità
narrativa del racconto. In tal modo si viene a creare quella linearità narrativa delle inquadrature che non
hanno più funzione autonoma e autosufficiente, ma vengono poste in relazione ad altre, creando così un
racconto e comunicano tra loro grazie all’apporto fondamentale del montaggio.
Marco Vincenzo Valerio Sezione Appunti
La nascita del cinema 3. Primo '900. Cinema dall'attrazione alla narrazione
Il passaggio dal cinema delle attrazioni al cinema più strettamente narrativo provoca un mutamento anche
per quanto riguarda le modalità di fruizione spettatoriale.
Nell’attrazione troviamo uno spettatore che guarda un attore che sa di esibirsi di fronte ad un pubblico.
Dunque un contatto diretto con la sala, con la realtà, mentre nel cinema narrativo tutto questo viene negato,
in quanto il film narrativo costituisce un universo finito e chiuso in sé stesso.
Con la transizione al Modo di Rappresentazione Istituzionale dall’illusione dell’attrazione, del trucco e del
gioco si passa all’illusione della continuità, con uno spettatore assorbito dal racconto, grazie all’artificio del
montaggio che mettendo in relazione le diverse inquadrature narra una storia cui lo spettatore deve prestare
attenzione e non solo essere stupito dalle meraviglie tecniche messe in scena. Con l’avvento della narrazione
cinematografica decade anche il desueto sguardo in macchina degli attori che non si rivolgono più
direttamente al pubblico, ma sono completamente assorbiti dalla storia che stanno vivendo e mettendo in
scena sullo schermo.
Schematicamente si può sostenere che il cinema delle attrazioni decade intorno al 1909 (quando comunque
si erano fatti passi in avanti rispetto all’unica veduta di cui erano composti i film fino al 1900). È a partire
dal 1909 che la narrazione ha la meglio sull’attrazione e si hanno i primi esempi di film narrativi,
antesignani di quello che poi dal 1915 sarà il cosiddetto cinema narrativo classico.
Di fatto comunque la narrazione non va a sostituire l’attrazione, ma i due elementi finiscono con l’integrarsi
(sebbene la narrazione avrà un peso specifico superiore rispetto all’attrazione) e coesistere. L’attrazione è
infatti riconducibile ai moderni effetti speciali o ai film musicali in cui narrazione e attrazione (i numeri
musicali) convivono, seppure la storia deve essere brevemente interrotta per lasciare spazio appunto
all’attrazione.
Date da prendere con cautela, non solo per l’approssimazione storica ma anche per la finta scomparsa
dell’attrazione nel mondo cinematografico. In quanto, volendo, la possiamo ritrovare nel Musical o negli
effetti speciali del cinema contemporaneo.
Marco Vincenzo Valerio Sezione Appunti
La nascita del cinema 4. Il cinema di George Meliès
George Meliès è uno dei primi ad intendere la produzione di un film come processo artistico nei termini di
messa in scena. Ad ogni modo il suo cinema rimane fondamentalmente un ibrido in cui la componente
dell’attrazione è ancora molto forte, ma si integra alla perfezione con la narrazione anche grazie al
fondamentale strumento del montaggio, nei confronti delle cui potenzialità espressive Meliès mostra di
avere intuito e sfrutta al meglio per i propri film. Comunque è da ricordare che questi elementi
caratterizzanti il cinema delle attrazioni non escludono la sporadica presenza di strategie di racconto tramite
il montaggio.
Per esempio nel finale di Le Voyage dans la lune, l’astronave precipita a terra e la vediamo uscire
rapidamente di campo. Nell’inquadratura successiva l’astronave, che non è altro che un grosso proiettile,
verrà ripresa al momento della caduta nell’oceano e ancora, nella terza inquadratura, vedremo l’astronave
cadere sul fondo dell’oceano, creando così una certa continuità. Altro esempio è quello de L'homme-
orchestre, uno dei più celebri film di Méliès, per la perfetta padronanza della tecnica della
mascherina/contromascherina e della sovraimpressione, che permetteva di filmare la pellicola in più fasi
separate, con un risultato che faceva sembrare tutto girato contemporaneamente. Anche la tecnica
dell'arresto della ripresa, che permetteva di far sparire e apparire gli oggetti, viene qui usata. Méliès arrivò a
sdoppiare sé stesso ben sette volte, creando un'orchestra intera composta da una sola persona.
Marco Vincenzo Valerio Sezione Appunti
La nascita del cinema 5. Il cinema della scuola di Brighton. Williamson e Smith
James Williamson, George Albert Smith, Robert W. Paul, Cecil Hepworth. Nei film della scuola di
Brighton, attrazione e narrazione si compenetrano, ma l’attrazione rimane elemento predominante che
sorregge un debole pretesto narrativo. Ad esempio in "The Big Swallow" (1901) di Williamson un uomo si
fa riprendere da un operatore e dopo essersi esibito si avvicina minacciosamente alla macchina da presa
occupando l’intero quadro e, spalancando la bocca in primissimo piano, inghiotte l’operatore. La tendenza
alla divisione dell’azione in diverse inquadrature comunicanti e/o correlate è già riscontrabile in un film di
Smith del 1899, "The Kiss in The Tunnel" dove troviamo tre inquadrature a sezionare l’azione del treno che
entra ed esce da una galleria (treno entra nel tunnel, due amanti che si baciano all’interno dello
scompartimento, treno esce dal tunnel). Smith lavora anche sulla divisione in più inquadrature dello stesso
spazio oppure sceglie di alternare le immagini di qualcuno che guarda a quello che l’osservatore sta
guardando : "Grandma’s Reading Glass" (1901) composto interamente da inquadrature in campo totale di
una nonna e di un bambino seduto allo stesso tavolo e da inquadrature ravvicinate degli oggetti che il
bambino vede con la lente della nonna. Williamson è invece più interessato a lavorare sulla continuità
d’azione tra inquadrature girate in spazi diversi. In "Stop Thief" (1901) Williamson mette in successione più
inquadrature di spazi diversi ma contigui per rappresentare l’inseguimento di un ladro. L’inseguimento
diventa una modalità ricorrente del cinema narrativo e emblema di un racconto linearizzato e che sfrutta il
montaggio. "Fire!", sempre di Williamson, esempio più articolato e complesso: una casa inizia a bruciare, i
pompieri intervengono, uno di questi soccorre un uomo intrappolato in casa e, subito dopo, ne salva anche la
figlia. Alternanza tra interno ed esterno, concatenazione dei legami causa-effetto, mancanza di dissolvenze a
favore invece di stacchi netti tra un’inquadratura e un’altra, prima che l’azione sia conclusa, uso corretto dei
raccordi di direzione, macchina da presa che ha il dono dell’ubiquità e mostra allo spettatore il principio
d’incendio prima ancora che il protagonista della vicenda se ne accorga. "Mary Jane’s Mishap" (1903) di
Smith. Film importante in quanto composto a quadri, cioè a inquadrature fisse, dove però per la prima volta
il punto di vista fisso viene spezzato per mostrare dei dettagliUn compendio di tutte le conquiste della scuola
di Brighton: sovrimpressioni, sviluppo lineare della storia nelle varie inquadrature, montaggio narrativo.
Marco Vincenzo Valerio Sezione Appunti
La nascita del cinema 6. "Life of an american fireman" di Edwin Porter
Edwin S. Porter è il maggiore esponente del cinema americano dei primi anni del Novecento. Nel cinema di
Porter le componenti del MRP si integrano con le soluzioni narrative del MRI in una ricerca di superamento
di un modo di rappresentazione ancora primitivo. "Life of an American Fireman" (1902) riprende lo spunto
narrativo di "Fire!" di Williamson, ma si pone un obiettivo di costruzione psicologica, trasformando il
pompiere protagonista da semplice figura a personaggio a tutto tondo, o quasi, disposto di una propria
interiorità. Life of an American Fireman presenta alcune sostanziali novità: l'alternanza di realtà e finzione,
di riprese autentiche (le carrozze dei pompieri in azione) e di scene interpretate da attori, di riprese in esterno
e in studio; un primo passo verso il superamento dell'unicità del punto di vista, tipica del teatro; l'uso di piani
ravvicinati, come il dettaglio della mano che aziona l’allarme, che mirano a coinvolgere lo spettatore nella
finzione; l' inquadratura come unità da combinare nella costruzione del film: l'azione si snoda attraverso una
successione di inquadrature collegate. Invece di operare semplici giustapposizioni o stacchi bruschi tra le
sequenze, Porter adottò la tecnica della dissolvenza, cioè la transizione graduale da un'immagine all'altra: lo
spettatore aveva così la sensazione che la narrazione fosse un flusso continuo. Pur anticipando la tecnica del
montaggio delle inquadrature, proprio del cinema successivo, Porter non conosce ancora la soluzione più
evoluta del montaggio alternato: nella sequenza finale del salvataggio la scena è ripetuta due volte
integralmente, da due punti di vista, prima interno, poi esterno.
Marco Vincenzo Valerio Sezione Appunti
La nascita del cinema 7. "The great train robbery" di Edwin Porter
Il film racconta in 14 inquadrature la storia di una banda di rapinatori che assalta un treno. Il montaggio
tenta di costruire una certa continuità spazio temporale fra le inquadrature e le azioni ma non riesce a
rappresentare a pieno la simultaneità di queste ultime con un montaggio alternato.
Le inquadrature spesso esauriscono in sé stesse la durata di una scena ma in alcuni casi l’azione si sviluppa
attraverso più inquadrature ( l’inseguimento, la fuga dei banditi). Si tratta del primo film a unire la
spettacolarità al mito popolare del selvaggio e lontano West, sfruttando il contesto iconografico e narrativo
maggiormente in voga a quel tempo: la ferrovia. Il film di Porter documenta meticolosamente ogni singola
tappa del crimine, addirittura esagera nel mostrare scene di violenza anche feroce. Il treno, cavallo d’acciaio,
è no spazio chiuso che attraversa uno spazio aperto. Consente di abbinare la violenza dell’azione alla
velocità della locomotiva. Treno e cinema hanno molto in comune. Anzitutto lo spettatore di massa
(viaggiatore immobile, passivo, anonimo, collettivo), ma anche lo spettacolo (viene modificata la percezione
dello spazio e del tempo, della distanza). Lo spettatore di oggi può incontrare difficoltà a collocare in un
tempo narrativamente coerente i vari momenti della storia. L’azione dei cattivi si snoda lungo nove
inquadrature, l’azione dei buoni arriva solo dopo alla decima. Si può inoltre parlare di “sovrapposizioni
temporali”: l’azione della terza inquadratura (vagone postale) è contemporanea a quella della quarta
(locomotiva). Eppure nel film nulla ce lo fa capire. Nel cinema delle origini ogni azione veniva
rappresentata nella sua interezza, solo dopo che un’azione si è conclusa si passa all’azione seguente (non
necessariamente successiva nel tempo). Il pubblico di allora capiva il film senza difficoltà anche grazie alla
presenza di un imbonitore che durante la proiezione commentava l’azione e chiariva l’identità dei
personaggi. I movimenti di macchina vengono usati per seguire i personaggi ogni volta che stanno per uscire
fuori campo, senza mai avvicinarli. Lo spettatore non sa nulla di loro, solo il capo dei fuori legge ha un
nome: quello del suo interprete Barnes, che è anche il solo di cui si veda il volto da vicino. L’ultima
inquadratura è emblematica e problematica. Si tratta di un mezzo primo piano, il personaggio è inquadrato
fino al busto. Non rappresenta un momento dell’azione. Si tratta piuttosto di un’attrazione, un’immagine
spettacolare, che rompe la distanza.
Marco Vincenzo Valerio Sezione Appunti
La nascita del cinema